domenica 27 maggio 2012

UFO in thyroid pathology.

Foo Fighter è il termine con il quale, durante la II guerra mondiale, i piloti dell' USAF e della RAF indicavano strani globi infuocati che si affiancavano ai loro aerei e che credevano essere un' arma segreta dei tedeschi, i quali però non c' entravano nulla. Recentemente, durante la routinaria practice in (cito)patologia tiroidea, ci siamo imbattuti anche noi in strane strutture globoidi sia intra che extracitoplasmatiche, che hanno suscitato la nostra perplessa curiosità. Cercando un po in letteratura, una spiegazione a questi UFO tiroidei si riesce a trovarla. I globi intracitoplasmatici, frequenti soprattuto nelle cellule di Hurthle,  rappresentano inclusi di colloide dovuti all' alterato metabolismo dei tireociti in metaplasia ossifila, mentre i globi ialini extracellulari osservati in alcuni casi di PTC, studiati accuratamente in un articolo recente di Kondo, sono immunoistochimicamente e ultrastrutturalmente legati alla produzione di materiale simil-membrana basale. Come indicato in questo case report, è importante riconoscere questo aspetto inusuale per evitare in questi casi di PTC "ialinizzante" non trabecolare, una diagnosi errata di variante trabecolare o addirittura considerarli come deposizione di amiloide da carcinoma midollare della tiroide.


A sinistra, un Foo Fighter avvistato durante la II guerra mondiale a destra, i globi ialini descritti da Kondo et al.

Bibliografia:

Das DK. et al, Cytoplasmic colloid inclusions in thyroid lesions: a cytomorphological study based on fine needle aspiration. Cytopathology. 2005 Oct;16(5):233-9.

lunedì 7 maggio 2012

Pathology goes digital

E' esperienza quotidiana il trend attuale dei "prodotti" visivi (ma non solo) verso una virtualizzazione, una emancipazione dai loro storici supporti fisici. Foto e video sono in breve tempo diventati immateriali, trasformati in bit convertibili nei più disparati formati e modificabili con software alla portata di qualsiasi pc. Anche il vetrino sta lentamente subendo questa metamorfosi grazie ai sempre più sofisticati scanner digitali. L'immagine visibile al microscopio non è più ancorata all' oggetto che la genera, ma virtualizzata così da consentirne una fruizione costante e illimitata, aperta a numerose applicazioni. Prima fra tutte la didattica, con la realizzazione di training set delle lesioni fondamentali di ciascuna area diagnostica. La telepatologia, con la possibilità di eseguire rapidamente consulti a distanza senza spostare fisicamente il materiale biologico del paziente. Non ultima l' image analysis con risvolti sia diagnostici che di ricerca: chi non sogna che sia una macchina (adeguatamente "istruita" dal patologo) ad effettuare la tediosa valutazione di marker immunoistochimici come il Ki67? Queste sono solo alcune delle possibilità che la digital pathology può offrire, e ulteriori ne verranno in futuro. Ma, per adesso, il feeling particolare che si crea fra la mano che muove il vetrino sotto gli obiettivi e l' occhio del patologo non è stato ancora riprodotto, "virtualizzato" fedelmente. 

Bibliografia: 

Al-Janabi S, Huisman A, Van Diest PJ. Digital pathology: current status and future perspectives. Histopathology. 2011 Apr 11