E' esperienza quotidiana il trend attuale dei "prodotti" visivi (ma non solo) verso una virtualizzazione, una emancipazione dai loro storici supporti fisici. Foto e video sono in breve tempo diventati immateriali, trasformati in bit convertibili nei più disparati formati e modificabili con software alla portata di qualsiasi pc. Anche il vetrino sta lentamente subendo questa metamorfosi grazie ai sempre più sofisticati scanner digitali. L'immagine visibile al microscopio non è più ancorata all' oggetto che la genera, ma virtualizzata così da consentirne una fruizione costante e illimitata, aperta a numerose applicazioni. Prima fra tutte la didattica, con la realizzazione di training set delle lesioni fondamentali di ciascuna area diagnostica. La telepatologia, con la possibilità di eseguire rapidamente consulti a distanza senza spostare fisicamente il materiale biologico del paziente. Non ultima l' image analysis con risvolti sia diagnostici che di ricerca: chi non sogna che sia una macchina (adeguatamente "istruita" dal patologo) ad effettuare la tediosa valutazione di marker immunoistochimici come il Ki67? Queste sono solo alcune delle possibilità che la digital pathology può offrire, e ulteriori ne verranno in futuro. Ma, per adesso, il feeling particolare che si crea fra la mano che muove il vetrino sotto gli obiettivi e l' occhio del patologo non è stato ancora riprodotto, "virtualizzato" fedelmente.
Bibliografia:
Al-Janabi S, Huisman A, Van Diest PJ. Digital pathology: current status and future perspectives. Histopathology. 2011 Apr 11
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